Quando si dice "crisi ponderata". Avrebbe tutto il sapore della beffa la storia occorsa ad un'operaia spoletina, vedova e per di più invalida civile, se non fosse che in realtà si tratta di un vero e proprio scandalo, giustificato dai responsabili con l'alibi della crisi economica. "Da circa 20 anni - racconta la donna - lavoravo in un'industria di Spoleto. Agli inizi eravamo più o meno un centinaio di colleghi, poi con gli anni è andata crescendo la crisi economica, al punto che negli ultimi tempi, fra operai e impiegati, eravamo rimasti non più di una 20ina di dipendenti".Poi, verso la fine dello scorso maggio, la dirigenza ha deciso di ridurre ulteriormente l'organico, predisponendo altri nove licenziamenti, quattro dei quali a giugno mentre i restanti cinque a settembre. "Addirittura - ricorda l'operaia - la proprietà aveva deciso di licenziarci senza la mobilità. Poi però l'intervento dei sindacati ha fatto cambiare idea all'azienda".Se non che, al momento di stabilire chi avrebbe dovuto andare in mobilità, la donna - che, oltre ad essere vedova ed invalida, lavorava là da 20 anni - è stata inserita fra i primi quattro operai che avrebbero dovuto lasciare l'azienda il mese successivo."Ho sempre lavorato con serietà e impegno - racconta - senza mai portare un certificato medico. Finché, nel 2004, c'è stato il grave incidente stradale, nel quale ho perso mio marito. Prima di tornare al lavoro ho subito due interventi chirurgici con altrettanti ricoveri in ospedale. Dopodiché, il mio rendimento potrebbe aver subito una leggera flessione, ma è anche vero che da cinque anni sto attraversando un periodo difficile, aiutata da medici specialisti del settore". Fatto sta che la donna si è vista dare inaspettatamente il benservito dopo tanti anni di servizio.Fosse finita qui, la storia sarebbe stata di certo amara ma non eccezionale, purtroppo. Infatti, il mondo del lavoro è orami costellato di casi simili a questo. Ed invece, ciliegina sulla torta, dopo neanche 3 mesi dal suo licenziamento l'operaia è venuta a sapere che l'azienda ha assunto altre due dipendenti, con profili simili al suo. Il tutto senza prima avvisare gli operai già messi in mobilità. Facile immaginare lo stato d'animo della donna: già depressa dalle sue vicissitudini familiari, l'operaia si sente ora presa in giro dai suoi ex datori di lavoro. Presa in giro sì, ma di certo non ancora rassegnata. Sul caso, infatti, è al lavoro gli avvocati dell'operaia, i quali stanno valutando l'atteggiamento tenuto dall'azienda dal punto di vista giuridico. Molto probabile, alla luce degli elementi sinora emersi, che della vicenda possa a breve occuparsi la magistratura ordinaria. In attesa che la giustizia faccia il suo corso, e che dia ragione ad una delle due parti, la domanda da porsi nell'immediato è la seguente: è moralmente ammissibile tutto ciò? E' rispettoso dell'essere umano e della cognizione stessa del termine "lavoro"?"Reputo vergognoso dal punto di vista lavorativo, imprenditoriale, etico, morale e civile l'atteggiamento dell'azienda protagonista della triste storia", dichiara il consigliere provinciale spoletino Giampiero Panfili, presidente della Commissione Controllo e Garanzia. "Credo che in uno Stato di diritto come, almeno in teoria, è il nostro, sia inammissibile che una vedova, per di più invalida civile, venga licenziata malgrado i suoi 20 anni di servizio e per di più senza giusta causa, mentre dipendenti con meno anzianità e con i suoi stessi profili rimangano regolarmente al loro posto. Ancor più abominevole, e meritevole di approfonditi accertamenti - conclude Panfili -, è la mancata comunicazione del possibile reintegro in organico di due dei quattro operai già in mobilità, che di recente sono stati sostituiti con altrettanti lavoratori di nuova assunzione".
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